<%Image(ilariaemiran.jpg|360|156|Ilari Alpi Miran Hrovatin)%>
Fra qualche giorno, il 20 marzo, ricorrono i 10 anni dall’uccisione a Mogadiscio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin.
Spesso, troppo spesso, in questo Paese gli anniversari servono a ricordarci che non c’è ancora una verità e non c’è ancora giustizia. Quella verità e quella giustizia che con ostinazione Giorgio e Luciana Alpi rincorrono da troppo tempo. Oggi le loro ultime speranze sono riposte nella commissione d’inchiesta attiva da qualche settimana in Parlamento.
Ma al di là dei misteri, al di là delle nefandezze della cooperazione italiana o del traffico d’armi e di rifiuti, al di là dei depistaggi e delle reticenze, oggi forse è giusto ricordare qualcos’altro. E’ giusto ricordare la passione e il cuore che Ilaria Alpi metteva nella propria professione. Per intuirlo basta citare un piccolo episodio.
In uno dei suoi viaggi in Somalia Ilaria fu invitata, come altri giornalisti, a passare il Natale da Giancarlo Marocchino (chiaccheratissimo maneggiatore di molte faccende della Mogadiscio di allora e di oggi) per festeggiare a champagne e aragoste. Ilaria declinò l’invito, perchè “non era andata in Somalia per mangiare aragoste“. La sera stessa prese un aereo per Merca e passò il giorno di Natale realizzando un servizio sul cronicario di Annalena Tonelli (uccisa nello scorso ottobre in Somalia).
C’è da chiedersi quanto sarebbe bello e utile oggi, in tempi di guerre preventive, di folli kamikaze, di bombe umanitarie, poter vedere e ascoltare ancora le sue corrispondenze.
Gli assassini c’hanno tolto questo privilegio.