Le suonerie, la mia vacca e 9 centesimi

Confesso.

Ho una mucca che mi segnala quando arriva un sms.

Non che mi porti dietro un bovino intero.

Intendo un semplice muuuuu che esce dal telefonino.

Adesso che ho messo le mani avanti, posso anche confessare che ogni volta che leggo i crescenti milionari introiti del mercato delle suonerie mi viene un accenno di orchite.

Per alleviare il giramento di palle di dover sorbire un ritornello di Gigi D’Alessio dentro al cinema nel bel mezzo di un film o di Robbie Williams sparato a qualche megadecibel nella carrozza di un treno, le case discografiche e le associazioni di categoria ti vengono a raccontare che i vituperati soldi delle suonerie tengono a galla il mercato e sfamano gli artisti messi ko dal file-sharing e dalla pirateria.

Più suonerie = stipendio per gli artisti = più creatività

Teoria affascinante, messa però in crisi dalla recente decisione (su pressione delle case discografiche) dell’ U.S. Copyright Register di non riconoscere alle suonerie il valore di “opera derivata“.

Conclusione: per ogni suoneria venduta a circa 4 dollari, il compenso all’autore verrà ridotto alla cifra di 9 centesimi.

Temo a questo punto grandi crisi di creatività.

La mia mucca pare già meno arzilla.

(via wired)