<%image(annapurna guesthouse.jpg|450|600|annapurna guest house Ghandruk)%>Dio perdoni chi ha pensato, progettato e costruito l’Annapurna Guest House a Ghandruk. Vorrebbe fatto brillare tutto all’istante, per ridare, a questo paesino tutto di sassi appoggiati uno sull’altro, la bellezza totale che ha.
Ma hanno la doccia calda qui e forse stasera si può sorvolare sulla vista devastata dell’Annapurna South, il primo ottomila della mia vita, lì davanti a me in carne, sassi e ossa.
<%image(tramonto annapurna south e machapuchare.jpg|800|536|annapurna south machapuchare tramonto)%>La luce, quella dell’uomo, stasera non arriva. La luce, quella naturale che sia fornita da Dio, Budda o chi altro non so, basta e avanza. Perchè questo tramonto in parole non ve lo posso davvero spiegare. Vi toccherà venire a controllare di persona.
E quando capiterete qui, quello che forse noterete di più è l’assenza.
L’assenza del rumore di qualsiasi auto, motore o accidenti vario. Tutto quel sottofondo a cui sieti abituati l’avete lasciato molte valli più in giù.
L’assenza di una televisione accesa.
L’assenza di un mondo che va in fretta.
<%image(notturno annapurna south.jpg|800|536|notturno annapurna south ghandruk)%>Non vi rimane che accendere le candele, guardarvi in faccia, ridere, sorseggiare il thè, buttare giù la zuppa di riso, chiaccherare, ricordare la bambina che oggi più in basso durante la salita si innamorò del bianco così bianco del rosario buddista di Veronica e del bianco così bianco del suo viso, digerire il tibetan bread e la zuppa d’aglio del pranzo, uscire e stroppiciarvi gli occhi davanti al cielo stellato e alla luna nepalese.
Poi chiudere gli occhi. E un attimo prima di addormentarvi sperare che un angolo di mondo così, sopravviva. Non solo nei vostri ricordi.
(prima che mi intenti causa, il copyright delle ultime due foto è di mio fratello Nicola)