<%image(Annapurna Base Camp 2007.jpg|800|536|Annapurna Base Camp 2007 italian expedition)%>All’inizio ti affidi a due metri scarsi illuminati dalla pila sulla fronte per mettere in fila i passi. E’ lenta ad arrivare l’alba all’Annapurna Base Camp. Lenta sì, ma non come te. Perchè ad una certa quota le corse a perdifiato non sono convenienti e anche se il campo è lì – sembra lì – che ci vuole – sei arrivato, meglio prenderla con calma. Qualche foto. Poi vediamo di sbrigarci che ci si gela il culo.
E’ deserto il campo base. Solo un gruppetto di coreani in discesa. Ordinati e composti come sempre. Ma io questi cappellini stile giungla quassù, non li ho ancora capiti.
Della neve qui solo il riflesso, con i ghiacciai che si tengono a buona distanza.
Non è davvero un bel segno se anche qui siam messì così. Appena di là, in Tibet, dicono che sia uno degli inverni più caldi di sempre. Questa palla che chiamamo Terra si sta riscaldando per davvero.
Da qui il permesso delle autorità nepalesi per salire più su è per 4 persone.
Ma andranno solo Nicola e Daniele.
Intanto c’è la foto di gruppo da fare, lì in mezzo alle preghiere che sventolano e davanti al mucchio di sassi che ricorda Anatolij Bukreev.
Lui è’ ancora da qualche parte là in mezzo, catturato il giorno di natale del ’97 dal respiro dell’Annapurna.