<%image(gharopani nepal.jpg|800|600|gharopani nepal)%>Le aquile ti volano intorno sul cucuzzolo di Banthanti. Chissà forse sentono la fatica dei tuoi continui saliscendi. Sì, perchè il concetto di sentiero a mezzacosta pare non esistere. Su di 500 metri, giù di 500 metri nel torrente, ponte tibetano, su di nuovo di 500 metri. Montagne russe a 3 km all’ora.
Ghorepani è una macchia blu. Per gli standard di qui è praticamente una metropoli. Farà forse 500 abitanti. C’è anche una piccola libreria e le bottiglie di coca sembran nuove di pacca. Libri pensati per utenza trekker. C’è anche Messner, forse anche in italiano. C’è la pista polivalente con i ragazzini che giocano a basket e pallavolo (mezzo sport nazionale). Ci si allena bene a 3.000 metri.
Prima d’arrivare ti si paran davanti l’Annapurna South, che da questa parte perde il suo aspetto da pandoro ricoperto di zucchero a velo e ritrova gli spigoli giusti, e il Dhaulagiri, la “montagna bianca”, un’altro componente della famiglia dei 14 ottomila del pianeta terra. C’è la lunga scalinata in pietra in mezzo alla foresta di rododendri. Dicono che in periodo di fioritura sia qualcosa da ricordare.
Ghorepani vive e prospera per essersi inventato il belvedere di Poon Hill, lì sopra di 300 metri. Punto privilegiato per godersi un’alba sul tetto del mondo.
<%image(alba poon hill nepal.jpg|800|600|poon hill nepal alba)%>Lo spettacolo merita di certo, ma credo che l’alba, qualsiasi alba, sia stata concepita, inventata e proiettata per essere sbirciata e gustata da un numero massimo di persone stimabile in 10 unità. Forse anche meno.
La sessantina di esseri viventi che ti ritrovi accanto qui ogni mattina (come minimo) fregano un po’ della poesia. Ma sarebbe un filo egoistico (o un’immensa botta di culo) ritrovarsi qua sopra contandosi sulla dita di una mano.
Quell’oceano di nuvole lì sotto comunque la sua poesia la manterebbe bene anche in compagnia di un reggimento di coreani.