Tre tazze di tè e un po’ di malox

Tre anni fa di questi giorni (e in un posto parecchio fuori mano) incontravo per caso David Oliver Relin.

Durante quel pranzo, tra le altre cose, parlò di “Tre tazze di tè“, il suo primo libro firmato insieme al protagonista: Greg Mortenson. Ho letto il libro qualche mese dopo in Italia. Una delle letture migliori di questi anni, tanto da sponsorizzarlo con entusiasmo anche qui su queste pagine.

Domenica scorsa “60 minutes“, storico programma d’inchiesta americano, ha fatto le pulci a Mortenson e ai suoi libri. In Italia ne hanno parlato credo solo Il Post e Blitz quotidiano.

In verità “il motore” dell’inchiesta è da individuare nelle ricerche di un giornalista e scrittore americano molto noto: Jon Krakauer. Sì quello di “Aria Sottile” e soprattutto di “Into the wild“.

Krakauer ha fatto uscire in concomitanza con “60 minutes” un ebook: Three cups of deceit: how Greg Mortenson, Humanitarian Hero, Lost His Way.

Lì dentro ci sono tutte le accuse, in sostanza riassumibili in due macro-elementi.Primo: Greg Mortenson ha, nel migliore dei casi, romanzato la sua vita. Nel peggiore ha inventato.

Secondo: usa in maniera disinvolta i fondi della sua associazione (Central Asian Institute) anche a fini personali e senza trasparenza.

Mortenson ha risposto alle accuse con alcune interviste (in particolare al magazine “Outside“) ammettendo “licenze letterarie” e errori nel suo lavoro di manager.

L’opinione pubblica americana è frastornata. Stiamo parlando di milioni di persone che hanno letto il suo libro, di migliaia di scuole americane che sostengono il programma “Pennies for Peace”, dello stesso Barack Obama che ha donato parte della somma vinta con il Premio Nobel proprio al Central Asia Institute.

Sostanzialmente ci si divide in tre settori: quelli che pensano sia un bugiardo opportunista, quelli che pensano che comunque ha fatto grandi cose e quelli che pensano “dannazione anche Greg ?”

Chi vi scrive, dopo aver molto letto, è arrivato a qualche conclusione non definitiva.

Jon Krakauer ha fatto il suo mestiere, così come l’ha fatto “60 minutes”. Potevano farlo meglio ? Forse sì, soprattutto nella parte in cui si enfatizzano le cosiddette “scuole fantasma” e sulla scelta di alcune fonti, ma non li si può accusare per aver scelto Mortenson come “bersaglio”.

Greg Mortenson è una persona fuori dall’ordinario, con tutto quello che comporta nel bene e nel male. In 18 anni ha fatto molto per l’istruzione e per la pace e insieme a questo “molto” ha commesso tanti errori, continuando a gestire il Central Asian Institute come se fosse la piccola associazione amatoriale di un tempo e non una macchina capace di raccogliere ogni anno molti milioni di dollari.

Ma l’errore più grande è forse quello di aver capito alla perfezione i meccanismi mediatici che muovono anche il mondo delle ONG.

Noi, il pubblico, vogliamo la storia interessante. Più è interessante più il libro vende, più il libro vende più la gente dona, più la gente dona più scuole si costruiscono. Mortenson lo aveva intuito da qualche anno, da quando nel 2003 un articolo sulla rivista “Parade” ha moltiplicato esponenzialmente le donazioni alla sua associazione.

O forse lo aveva capito fin dall’inizio che, come dicono in quel film di Hollywood, la verità a volte non basta, a volte la gente merita di più.

Stefano Zurlo vs Giornalismo

Lunedì la Freedom House ha fatto uscire il suo rapporto 2011 sulla libertà di informazione in Rete.

All’Italia sono dedicate alcune pagine (195-206).

Una fotografia sostanzialmente corretta anche se già ampiamente conosciuta. Una sorta di ripasso.

Oggi Stefano Zurlo sul Giornale c’ha tirato fuori un articolo.

Come ci sia riuscito, rappresenta forse il quarto mistero di Fatima.

Ubriachi

L’eventuale successo dei referendum di giugno poteva rappresentare un colpo al cuore per la durata del governo Berlusconi.

E se già poteva essere catalogata sotto il termine “furbata” la moratoria di due anni applicata dopo gli eventi di Fukishima, ora la decisione di cancellare il nuovo programma nucleare italiano va sotto il termine “pagliacciata”.

Vieni andiamo, andiamo via

Venerdì a Perugia, mentre su in alto si parlava di buon giornalismo e di molte altre cose interessanti, giù alla biglietteria della stazione una decina di ragazzi tunisini pronunciavano a turno l’unica parola d’italiano che conoscevano: Ventimiglia.

Tutti allungavano dubbiosi una banconota stropicciata da 50 euro al ferroviere dietro il vetro che pronunciava ormai con noia l’importo.

Viviamo in un paese che da un mese a questa parte quasi si compiace nel vedere che chi arriva dalle sponde dell’Africa sogna l’altrove, mica l’Italia.

Insomma un grande paese con la vocazione da autogrill.

Telemarketing e fondelli

Mi ero perso la comica ed entusiastica dichiarazione del presidente di Asstel Stefano Parisi sulla chiusura della procedura di infrazione a carico dell’Italia in tema telemarketing.

Parisi sa benissimo che questa decisione non c’entra un fico secco con la scelta dell’opt-out per il nuovo telemarketing italiano.

L’Europa se la prendeva con l’Italia per via di quella pratica furbastra (prorogata per decreto fino a qualche mese fa) di usare i vecchi elenchi pre-2005 per aggirare le regole e continuare a telefonare a tutti. Basta leggere.

Parisi lo sa benissimo anche perchè fino a pochi mesi fa era a capo di Fastweb, società sanzionata dal Garante proprio perchè affezionata a questa furbata.

Extraterrestre portali via

E’ domenica e il giorno del Signore per i quotidiani è un giorno speciale. Uno di quei giorni speciali dove il rischio che in home page finisca roba strana è più alto. Non è che nei feriali si stia molto più tranquilli, soprattutto da queste parti. Però può succedere che in una domenica così il giornalismo italiano ti porti in dono una storia interessante, suo malgrado.

Oggi Corriere.it e Repubblica.it hanno piazzato in prima pagina questa notizia a base di UFO. Oddio in verità ne aveva già scritto due giorni fa “Maremma News” e qualcosa vorrà dire.

In breve: l’FBI rimettendo mano al proprio sito (il primo di aprile) ha meglio organizzato la sezione “The Vault” dove pubblica alcuni dei documenti (circa 2000) di quelli richiesti attraverso le procedure del Freedom of Information Act.

Tra questi c’è anche un rapporto del marzo 1950 scritto dallo Special Agent in Charge Guy Hottel che parla di oggetti volanti e piccoli extraterrestri in tuta.

Per Repubblica e Corriere è una specie di conferma ufficiale alle teorie ufologiche, a partire dal famoso caso Roswell del 1947.

In verità Roswell non c’entra nulla. Il documento di Guy Hottel è pubblico da molti anni (Google Books lo trova in un libro fin dal 1992). Si riferisce ad un altro episodio avvenuto in New Mexico nel 1948 nella cittadina di Aztec e che qualcuno ogni tanto resuscita.

Guy Hottel scopre la storia degli ufo di Aztec da un ufficiale del servizio investigazioni dell’aeronautica. L’ufficiale l’aveva letta in un articolo di un reporter di Kansas City, a cui era arrivata dopo una catena di passaparola chilometrica.

Origine di tutto un signore di nome Silas Newton.

A raccontare la storia di Silas Newton c’ha pensato nel 1952 J.P Cahn del San Francisco Chronicle con un bellissimo esempio di giornalismo investigativo.

Quando ancora c’era la triste abitudine di verificare le notizie (anche senza Google).