<%image(lupi.jpg|720|540|newdoundland coyote canada)%>Poco fa, casualmente, la mia attenzione è stata catturata da una foto condivisa su Facebook.
E’ l’immagine qui a lato.
Se ne trovano a migliaia in Rete e sui social network nelle campagne animaliste, o contro la caccia, o contro il maltrattamento di cani o altre specie.
Ma proprio questa sua “normalità” è forse utile per qualche riflessione sparsa che con l’animalismo o la caccia hanno poco a che fare.
Una foto, mille parole. Un’immagine si porta dietro una storia e molte parole. Parole che servono a spiegare meglio. Perchè l’apparenza alle volte inganna. Quando in Rete ci si imbatte in un fatto o in una foto “strana” occorre sempre un principio di precauzione. Le bufale sono sempre dietro l’angolo. E’ bene in questi casi farsi delle domande semplici: chi, cosa, quando, dove, perchè.
Le bugie hanno le gambe corte, ma sette vite. Le bufale trovano su internet veloce diffusione, ma la Rete ha strumenti efficaci per ricostruire i fatti nel modo corretto, basta un po’ di volontà e buon senso.
Quelli che ci mettono la faccia. Molti in buona fede (altri in pessima) hanno sostenuto in questi anni che l’anonimato su internet non favoriva una discussione pubblica corretta e civile. L’avvento di Facebook ha dimostrato innumerevoli volte che metterci la faccia non migliora la qualità. Anche nel caso della nostra foto troviamo centinaia se non migliaia di insulti pesanti, auguri e minacce di morte firmati con nome e cognome.
Fanno dei giri immensi e poi ritornano. I percorsi in Rete di una foto, una notizia, un tweet o un qualsiasi pezzo di bit sono davvero imprevedibili. Tenerlo a mente quando si decide di condividere qualcosa su internet è una buona cosa.
Prima i fatti. Accertare come stanno in realtà le cose e poi discutere dovrebbe essere la normalità. Discutere di qualcosa su fatti inesistenti o inesatti è uno spreco di energie e intelligenza.
E veniamo alla nostra benedetta foto e alla sua storia.
E’ stata postata venerdì sera su una pagina dedicata alla Sardegna. Fino a questo momento (domenica 4 marzo primo pomeriggio) è stata condivisa da circa 2.300 persone e commentata da 5.200.
Non ritrae, come quasi tutti pensano e commentano, una strage di lupi ma la cattura di una ventina di coyote nell’isola di Newfoundland in Canada. (Terranova per intenderci).
La caccia anche con trappole (come in questo caso) del coyote è permessa e ampiamente regolamentata dalle autorità per mantenere un certo equilibrio nell’ecosistema. Serve una licenza, si può cacciare solo in determinate stagioni (20 ottobre – 1 febbraio), si fanno corsi, sono proibiti alcuni tipi di cattura.
Dalla metà degli anni ottanta l’eastern coyote (che è più grosso dei normali coyote) è stato oggetto di diversi studi e monitorato. E’ per questo che alcuni esemplari della foto sono dotati di radiocollare.
Ovviamente davanti alla foto ognuno, secondo la propria sensibilità, è libero di indignarsi. Ma per la morte dei coyote e non per i lupi.
Nell’isola di Newfoundland il lupo è stato dichiarato estinto nel 1930.