Non si può dire che i dirigenti nazionali del Partito Democratico siano degli sprovveduti o gente che non sa far di conto.
Lo statuto del PD dice che “non è ricandidabile per la carica di componente del Parlamento nazionale ed europeo chi ha ricoperto detta carica per la durata di tre mandati“. Ovviamente con “opportune” deroghe ben specifiche che però non possono essere superiori al 10% degli ultimi eletti.
Sabato all’Assemblea Nazionale del partito è stato approvato un ordine del giorno che trasforma i tre mandati in quindici anni.
In effetti una legislatura dura di norma 5 anni. Cinque per tre fa quindici. Sembrerebbe una modifica innocua, ma conti alla mano, non lo è.
Con la regola dei quindici anni nella lista degli incandidabili ci sono circa 32 tra deputati e senatori. Gente come Rosy Bindi, Anna Finocchiaro, Franco Marini, Walter Veltroni, Massimo D’Alema, Giuseppe Fioroni, Livia Turco, Enzo Bianco, Giovanna Melandri, Marco Follini.
Incandidabili (anche ad eventuali primarie di collegio) ma “derogabili” tutti. Infatti gli eletti nel 2008 tra Camera e Senato del Partito Democratico sono stati in totale 309. Con il 10% di deroghe, ipoteticamente si salvano tutti.
Con la regola dei “tre mandati” invece i conti cambiano. Visto che la legislatura del 2006 si è conclusa dopo soli due anni, sarebbero finiti nella lista degli incandidabili altri 53 tra deputati e senatori (per un totale di 85)
Qualche nome ? Pierluigi Bersani (segretario), Enrico Letta (vicesegretario) Dario Franceschini (capogruppo alla Camera), Marina Sereni (vicepresidente Pd), Luigi Zanda (vicepresidente Pd senato), Nicola La Torre.
Con i quindici anni insomma non tocca scegliere chi lasciare a casa dopo lustri di onorato servizio.
E i conti alla fine tornano.