Sono le due di notte e Franco monta in groppa all’apecar per portare i suoi 25 anni giù per i tornanti fino al molo. Arrivano i rifornimenti con la chiatta. Ci sono i panini per il giorno dopo da riportare su.
C’è un’isola che non dorme mai. Da dieci giorni o giù di lì. Non sta nelle calde acque dell’Egeo ma in quelle più vicine e meno esotiche dell’Iseo.
C’è un isola che non dorme mai, ma quell’isola è anche un monte. E non è un particolare da poco.
A pelo d’acqua scorre incessante sul tappeto arancione una folla immensa. Ad ogni ora, ad ogni minuto, in qualsiasi secondo. Giovani alla moda e anziani alla deriva, camice stirate e canotte vissute, abbronzature tropicali e pallori lunari. C’è gente da aperitivo in centro e gente da pizza al taglio. Gente divertita e gente incazzata. Gente sudata e gente sudata.
Venti metri più su quel mondo lì, nel bene e nel male, comincia piano piano ad estinguersi. È una specie di selezione naturale altimetrica, fino alla vetta della Madonna della Ceriola dove arrivano solo quei pochi che hanno deciso, con una certa presunzione, di guardare Christo dall’alto al basso. Sono di norma matti da legare e pensionati del CAI, quando le due cose non coincidono.
È l’isola che diventa montagna.
Giù i Floating Piers e su Al Coren, che è la copia sputata di quegli inossidabili bar d’appennino emiliano che aprono tardi la mattina e non chiudono mai la sera. Posti dove ci metti un attimo a sentirti a casa.
Franco, quello dei panini, molla il banco per guidarmi insieme a Leon (più che un cane da guardia una scodinzolante guida turistica) nel pratone sulla scogliera che è li a picco sull’isoletta di San Paolo, pronta per uno scatto notturno e silenzioso che nessun elicottero ti regalerà mai.
Mi sono chiesto se, al di là del grande set fotografico naturale ed artificiale, questi grandi pontili galleggianti mi siano piaciuti. La risposta me l’ha data uno che è tornato dalla Svizzera per amore e passione di quella terra lì a picco sull’acqua.
A Montisola (tuttoattaccato) come nel resto d’Italia, ci sono quelli che benedicono il caotico galleggiare sulle orme di Christo, quelli che lo maledicono e poi c’è Elio.
Elio dice che tra dieci anni saranno tutti lì, indistintamente, a raccontare ai figli che loro c’erano quella volta sul lago. E tra vent’anni saranno tutti lì, indistintamente, a raccontare ai nipoti che c’han messo il loro pezzettino quella volta della folla che camminava sull’acqua. Si passeranno le notti a raccontarsela al bancone quella storia di Christo, con molte e colossali vanterie. Come succede sempre, del resto, nei migliori bar d’appennino.
Perchè quell’isola è anche un monte. E non è un particolare da poco.