PS: “comunque se il suo cane ha bisogno di prender confidenza con l’acqua, sa dove trovarmi”.
Finisce così una mail che oggi ho ricevuto dal signor G.
Che io sinceramente all’inizio manco me lo ricordavo il signor G, poi ho fatto mente locale.
Il signor G è un distinto neo-pensionato che ho conosciuto qualche tempo fa su un treno.
Avete presente quelle chiacchiere improvvisate da vicini di sedile su treni o troppo freddi o troppo caldi ? Quelle dove i minuti scivolano via tra una banalità sul meteo e una battuta sul cibo ? Beh, quella volta con il signor G non è andata esattamente in quel modo.
Il signor G non si chiama nemmeno così, ma con quel naso e gli occhi spiritati un po’ mi pareva d’aver davanti un cugino alla lontana di Gaber e allora beh, l’ho battezzato.
“Come si chiama il suo cane ?“
Il signor G aveva allungato l’occhio sullo schermo del mio cellulare.
“Se glielo dico si mette a ridere, sia che le dica il nome che il soprannome. E’ una roba un po’ strana”.
“Ah ma se vuol sentire una roba strana sui cani gliela racconto io“.
In effetti aveva ragione. In breve la storia è questa.
Il signor G vive vicino al Grande Fiume (si omettono qui i particolari per ragioni che poi capirete, ma ci siamo intesi) e da quando è in pensione passa più tempo sul suo barchino che a casa.
Un giorno gli è capitato di avvistare due cani, uno grosso e un cucciolo, che nuotavano faticosamente nelle acque piuttosto agitate del Grande Fiume per raggiungere la riva. Non senza tribolare è riuscito a tirarli sul barchino e li ha portati in Comune per ritrovargli il padrone. I vigili non ci sono riusciti e così li han portati al canile. Quella volta ci scappò l’articoletto sul giornale locale: “pensionato eroe eccetera eccetera” con foto e annessi i complimenti del sindaco.
“Quella volta ?”
“Oh sì, perché poi ho capito da dove venivano i cani“.
In pratica dall’altra parte del Grande Fiume c’è una specie allevamento/canile da dove qualche volta i cani scappano, probabilmente perché non è esattamente un grand hotel a quattro zampe. E pare che spesso l’unica via di fuga che trovano è verso l’acqua.
“In un mese ne ho riportati a riva cinque“.
Il sindaco ad un certo punto gli ha fatto capire che, sì era un bravo cittadino, ma se si trovava un altro hobby era meglio, o al limite doveva far finta di non vedere : “occhio non vede, cane non muore” gli ha detto sorridendo.
Il signor G però non ha sorriso e non è riuscito a chiudere un occhio o a smettere di andare con il barchino.
“Finora in totale ne ho imbarcati 16, no aspetti 17.“
Il sindaco non l’ha presa benissimo: che sti cani li riportasse da dove venivano o li scaricasse sulla riva qualche chilometro più basso così il canile lo pagava un altro Comune.
Ad un certo punto è partito anche un esposto per quell’allevamento/canile dall’altra parte dell’acqua, ma non si sa ancora niente perché è un’altra provincia e un’altra regione e la burocrazia e le legittime competenze a volte scorrono più lente del fiume in secca.
Del caso del signor G han parlato anche nel consiglio comunale quando è arrivata la fattura del canile e lì non c’è stato un gran distinguo tra maggioranza e opposizione. Tutti incazzati.
Il signor G dice che adesso quando va al bar lo guardano male e dicono che è meglio che vada a pescegatti invece che sul fiume a pescar cani. O se no, se proprio vuole, che se li tenga a casa lui e non li faccia mantenere da tutto il paese.
Comunque oggi il signor G con la mail mi ha mandato un po’ di aggiornamenti sulla faccenda e anche una foto dell’ultima sua “pesca”.