Prarolo è una manciata di case piantata in mezzo ai campi di riso del Piemonte, una piccola comunità di 700 anime, che a girarla a piedi tutta ci vogliono quindici minuti.
Ad uno sputo da Prarolo, meno di 100 metri in linea d’aria, un altro mondo corre sull’autostrada A26. Un altro mondo appunto, un altro tempo, un’altra velocità.
Perché quasi sempre è una questione di tempo.
Sul binario 4 il treno è in ritardo, come molti altri.
C’è un gran casino.
E’ agosto, è normale.
Fa un gran caldo.
Torni dalla Riviera, dove le notti si allungano, ma le vacanze finiscono sempre troppo presto.
Guardi l’orologio. Madonna che caldo.
Il tempo di andare a prendere qualcosa da bere al bar e torno.
C’è la fila.
Perché quando i treni sono in ritardo i bar lavorano un sacco e le sale d’attesa si riempiono.
Pazienza, ci vuol pazienza.
Aspetti. Tanto ormai due minuti in più, due minuti in meno.
Guardi l’orologio.
Prarolo è una manciata di case piantata in mezzo ai campi di riso del Piemonte, una piccola comunità di 700 anime, che a girarla a piedi tutta ci vogliono quindici minuti. Non era poi così diversa quarant’anni fa. Perché il tempo in provincia scorre più lento.
Al cimitero di Prarolo, sulla lapide di Rossella morta a 19 anni, c’è un piccolo orologio da polso.
E’ fermo.
Le lancette immobili segnano quell’ora lì: le 10.25.
E’ l’ora esatta di quel giorno d’agosto, uguale a tanti altri e per sempre diverso, in cui faceva un gran caldo, i treni erano in ritardo e il tempo maledetto della morte incrociò, puntuale, quello della vita.