Scherpa

Riccardo Ceroni lo conoscono in pochi.

Quasi tutti conoscono Scherpa, che si chiama così da quella volta che finita la guerra la madre lo mandò a scuola con dei vecchi scarponi da sciatore comprati da “Benzina”, il calzolaio del paese, per 300 lire (risparmi di parecchi sacrifici). Il Bersagliere e Pàtachin, suoi amici, ci misero dai venti ai trenta secondi ad urlargli dalla finestra della scuola “Ariva Scarpazò !”

Succedeva così, in tutti gli angoli di questa terra pronta a prendersi sul serio quello che basta: il nome all’anagrafe ti serviva solo per il mondo grande di fuori, una mondo fatto spesso di carta e di timbri. Per tutto resto, per il tuo mondo piccolo, per la vita di tutti giorni, il battesimo vero era il fulmineo, estemporaneo, casuale colpo di genio di qualche bischero che ti girava intorno.

A Scherpa nell’ultimo anno e mezzo il torrente gli ha portato via l’orto, l’amato e sterminato orto, per tre volte.

L’orto, l’officina garage con gli attrezzi, le robe strane sparpagliate in giro e il tornio.

Andava a scuola Scherpa ma era uno zuccone. Gli piaceva invece star dietro a suo zio Fredino gran maestro di botanica popolare tra innesti e potature. A dieci anni e mezzo finì anche a fare il garzone in bottega. E’ da lì che viene il tornio.

Scherpa era uno zuccone a scuola, ma in quinta elementare in paese arrivò il maestro nuovo. Si chiamava Angelo Callegari e aveva quest’abitudine: mezz’ora prima che suonasse la campanella smetteva la lezione e si metteva a leggere Pascoli, Carducci, Pirandello.

Dice Scherpa che è stato in quella mezz’ora lì che la vita gli è cambiata, che il mondo piccolo e quello grande han cominciato a scrutarsi, a guardarsi in faccia, a fare a pugni ed infine a far pace.

Riccardo Ceroni detto Scherpa è uno di quelli che nei piccoli paesi è considerato “l’originel” che è una parola che contiene nel bene e nel male un po’ tutto, come l’officina di Scherpa che c’ha dentro attrezzi del passato, una collezione di macchine da scrivere e grammofoni antichi o la sua casa sommersa di libri, dischi (seimila) e le sue opere d’arte in legno figlie del tornio.

O come la sua vita fatta di fughe per vedere il mondo, trovare lavoro in mezza Europa o navigare sei mesi l’anno in mezzo al Mediterraneo con quella barca battezzata “La Natura” e ormeggiata per vent’anni in quel porto esotico e piratesco che è Marina Romea.

C’ha quasi lasciato le penne in mare Scherpa, dalle parti della Sicilia. Dice che ad un certo punto ha pensato “Pover patàca, con tutto il posto che c’è, venire a morire in mezzo al mare in Sicilia”. Si salvò e vendette la barca, forse non tanto per lo spavento, ma per quella consapevolezza: “Scòlta bein ignorant, te ormai sei vecchio, il mare vecchio non lo diventa mai.”

Ha girato parecchio Scherpa, visto una buona parte di mondo e le sue meraviglie, ma dice che ogni volta che cominciava a vedere il profilo ed Mudgiana, gli si riempiva il cuore.

Tra mille cose della sua casa Scherpa conserva anche un grosso tronco “ed fioraverd” che poi è il bosso. Una pianta piuttosto comune che cresce lenta. Può crescere per centinaia di anni.

Un giorno al pover Momo, un suo amico, gli ha portato a casa due che han studiato da botanici e che hanno stimato il tronco vecchio di 1.500 anni. Lo volevano comprare ad una bella cifra per metterlo in un museo.

Scherpa ha gentilmente rifiutato: mi spiace l’unica cosa di cui non ho bisogno “le i sold”. Però lasciatemi il vostro indirizzo che quando muoio nel testamento lo lascio al vostro museo.

Riccardo Ceroni detto Scherpa vive oggi un altro capitolo della sua lunga ed intensa vita: centinaia di migliaia di persone lo vedranno di sfuggita dentro lo schermo del loro smartphone in un breve video dove ringrazia con parole sue un gruppo di ragazze e ragazzi intenti a spalare via il fango dell’ultima onda a Modigliana.

Sorridiamo, ci commuoviamo, condividiamo.

E poi scrolliamo al video successivo, quello dove un tizio affetta dei gelati comperi per metterli in un panino.

Riccardo Ceroni detto Scherpa tornerà, dopo i suoi quindici minuti di non cercata celebrità, a vivere la propria vita fatta di orto, tornio, musica, parole ed arte.

La normale e straordinaria vita d’un “originel” che la grande piena c’ha portato a valle.

Finché un giorno, il più lontano possibile, il tronco millenario del bosso finirà in un museo.

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