Virgilio Degiovanni: l’esperto internet della Rai

Io me ne sono accorto or ora per un commento lasciato ad un vecchio post.

E sono andato a cercare conferme.

E adesso posso confermare.

Virgilio Degiovanni (sì proprio lui, quello di Millionaire, del multilevel marketing, di Freedomland eccetera eccetera) era sabato scorso in diretta a Unomattina su Raiuno, presentato come professore di Economia e Commercio all’Università di Cassino e sopratutto in veste di “grande esperto di computer e del web“.

Qui c’è il video. Con automarchetta finale.

Sul sito dell’Università di Cassino si devono essere dimenticati di inserire il suo nome. Speriamo nel prossimo anno accademico.

Intanto pare che Degiovanni sia stato anche a Raidue questa mattina.

E vai poi a lamentarti del servizio pubblico se hai coraggio.

Egregi signori

Dicono che Roberto Saviano non riesca a trovare una casa a Napoli.

Non è una gran novità per questo Paese.

Più di vent’anni la signora Patrizia Santoro scriveva al Giornale di Sicilia queste poche righe:

Sono una onesta cittadina che paga regolarmente le tasse e lavora otto ore al giorno. Vorrei essere aiutata a risolvere il mio problema che, credo, sia quello di tutti gli abitanti della medesima via. Regolarmente tutti i giorni (non c’è sabato e domenica che tenga), al mattino, durante l’ora di pranzo, nel primissimo pomeriggio e la sera (senza limiti di orario) vengo letteralmente “assillata” da continue e assordanti sirene di auto della polizia che scortano i vari giudici. Ora io domando: è mai possibile che non si possa, eventualmente, riposare un poco nell’intervallo del lavoro o, quantomeno, seguire un programma televisivo in pace, dato che, pure con le finestre chiuse, il rumore delle sirene è molto forte?

Mi rivolgo al giornale, per chiedere perché non si costruiscono per questi “egregi signori” delle villette alla periferia della città, in modo tale che, da una parte sia tutelata la tranquillità di noi cittadini-lavoratori, dall’altra, soprattutto, l’incolumità di noi tutti che, nel caso di un attentato, siamo regolarmente coinvolti senza ragione (vedi strage Chinnici). Non mi si venga a dire di cambiare appartamento (e quindi via), perché credo che sia un sacrosanto diritto di ogni cittadino abitare dove meglio crede, senza, però, doverne subire conseguenze facilmente evitabili.

La signora Santoro abitava nello stesso condominio di Giovanni Falcone. Lui, uno degli egregi signori moriva a Capaci il 23 maggio 1992.

Domani fanno 16 anni.

Insieme a Falcone venivano uccisi la sua compagna Francesca Morvillo e gli agenti di scorta Vito Schifani, Rocco Di Cillo, Antonio Montinaro.

Dialer crackdown

Certe volte, e con un po’ di ritardo, anche i nodi arrivano al pettine:

In particolare, gli accertamenti di polizia giudiziaria hanno consentito di rilevare che l’operatore telefonico attraverso i conosciuti “899”, “166” e “178” , con cui si accede a servizi cd. “premium” (astrologia, gioco del lotto, oroscopo, hot line ed altri), ha concesso in uso le utenze ad altre società, i cui terminali (call center) sono ubicati in territorio estero e gestiti da persone che fanno capo alla stessa società sottoposta ad ispezione, con lo scopo di delocalizzare i redditi per effetto del riconoscimento di provvigioni inesistenti.

I centri servizi, per lo più ubicati nell’est europeo e facenti capo a persone di fiducia del Gruppo, fatturavano all’operatore le relative provvigioni, consentendo di portare capitali all’estero, con plurimi passaggi cartolari, e di comprimere il reddito della stessa in Italia.

(via Vittorio e Arezzoweb).

Non è un paese per vecchi (il Bhutan)

Non ci stiamo a lamentare di quanto sia “vecchia” la nostra classe politica, che c’è chi sta peggio di noi. E sono almeno sette nazioni.

Mi è capitato sotto l’occhio l’elenco dei capi di stato o di governo più anziani di entrambi gli emisferi.

Giorgio Napolitano, classe 1925, è all’ottavo posto.

In classifica, davanti al Presidente, c’è il capo di stato dell’Etiopia, il re saudita, il rappresentante di Singapore e Robert Mugabe “presidente” (diciamo così) dello Zimbabwe. Tutti classe 1924.

Sul podio al terzo posto Shimon Perez che dal 2007 è capo dello stato in Israele alla veneranda età di 85 anni. Secondo gradino per Cuthbert Sebastian governatore generale delle isolette di Saint Kitts and Nevis nei caraibi (classe 1921).

In vetta, per ora imbattibile, Josefa Iloilo presidente in quel delle Isole Fiji e nato nel lontano 1920.

Ottavi quindi e con qualche speranza di avanzare in classifica anche perchè Josefa pare non sia proprio in forma.

Di certo non ci insedierà il Bhutan che dall’anno scorso ha il capo di stato più giovane del pianeta: il re Jigme Khesar Namgyal Wangchuck è nato nel 1980.

Sono matti questi butanesi.

Romeo, Juliet e Kurt Schork

Ci sono due tombe, una accanto all’altra, al Lion Cemetery di Sarajevo.

Intorno molte altre. Quasi tutte con le stesse date: 1992,1993, 1994.

L’assedio piu’ lungo e tragico del ventesimo secolo.

La più piccola delle due tombe ha invece un’altra data: 24 maggio 2000.

Quel giorno in Sierra Leone veniva ucciso in un’imboscata uno dei reporter di guerra più bravi e preparati dai tempi del Vietnam.

Si chiamava Kurt Schork.

Da quel maggio di otto anni fa, una parte delle sue ceneri, è stata sepolta a Sarajevo, da dove per anni raccontò la guerra e l’assedio come corrispondente della Reuters.

Scoprì il giornalismo tardi, a 40 anni, ma per dieci fece l’inviato di guerra con grande professionalità e umanità.

Kurt Schork non è un estraneo. Vi è più familiare di quello che possiate credere, almeno per quelli che hanno una certa età e hanno anche solo ricordi sfumati della guerra in ex-jugoslavia.Sopra la seconda tomba del Lion Cemetery, quella più grande e bianca, c’è oggi un cuore di granito. Dentro un ritratto in bianco e nero di due ragazzi.

Si chiamavano Admira Ismic e Bosko “bato” Brkic.

Il 19 maggio del 1993, quindici anni fa, tentavano di scappare da una Sarajevo impazzita.

Venticinque anni. Innamorati. Lei musulmana, lui serbo-bosniaco.

Furono ammazzati da un cecchino sul Vrbanja Bridge.

Per 5 giorni i loro corpi rimasero sul ponte. Nessuno li voleva recuperare.

Kurt Schork fu il primo a raccontare a tutto il mondo la storia di Romeo e Giulietta a Sarajevo.

A lui oggi è intitolato un bel premio giornalistico per freelance e giornalisti di paesi in via di sviluppo.

(la foto di Admira e Bosko abbracciati sul ponte di Vrbanja riprodotta sopra è stata scattate da Mark Milstein)

La crisi (annunciata) di Eutelia

I soliti “noti” continuano a prevedere chissà quali catastrofi e l’Azienda vi comunica trasparentemente i risultati dei bilanci certificati o resoconti trimestrali. DECIDETE se credere a chi vi ha SEMPRE detto bugie o a chi non è MAI stato smentito. L’Azienda va bene. Samuele Landi, azionista e amministratore delegato di Eutelia, 27 gennaio 2008.

Oggi i lavoratori di Eutelia sono in sciopero per la richiesta dell’azienda di telecomunicazioni di Arezzo di mettere in cassa integrazione straordinaria a zero ore e per 12 mesi un totale di 772 lavoratori. In Eutelia lavorano in tutto 2.717 persone.

<%image(eutelia borsa 3 anni.png|780|478|eutelia borsa)%>Questo a fianco e’ il grafico del valore in borsa di Eutelia da quando si e’ quotata circa tre anni fa.

Esauriente ?

Il lavoro sapiente di uno stile di management e gestione d’impresa che viene da lontano.

Altre latitudini

Ieri sera distrattamente ho sentito il Tg2 parlare di “ondata xenofoba”.

Parlava del Sudafrica.

Tutti ricchi con Facebook

Pare che l’altro giorno Chamath Palihapitiya, uno dei quattro vicepresidenti di Facebook, si sia lanciato nella ardita previsione che il social network che rappresenta sarà per molti una miniera d’oro.

In particolare Chamat prospetta un futuro di ricchezza per tutti quegli sviluppatori di applicazioni “terze” per Facebook.

Mediamente dalle 2 alle 15 settimane di lavoro per lo sviluppo e da 1 a 5 sviluppatori impegnati portano a guadagnare anche 500.000 dollari al mese“.

Chamat è noto in Silicon Valley per la sua fissazione con il poker.

I bluff secondo me gli vengono bene anche nelle giornate di lavoro.

Basta trovare i polli giusti.

Che bel sole che c’era a Genova quel luglio

L’ affettuoso elogio di Silvio Berlusconi a George W. Bush su Time (via Maestrini) andrebbe conservato con cura per posteri e nipoti.

Ricorda benissimo (2 volte in poche righe) il G8 di Genova Silvio Berlusconi.

Ricorda Bush e Putin, il premier giapponese, Hiroshima (56 anni prima), il muro di Berlino (12 anni prima), Pearl Harbor (60 anni prima).

Ricorda l’ultima cena del G8 e un sentimento di vera, intima, felicità. (I remember feeling true happiness inside me).

Ricorda tutto o quasi.

Non ricorda che 2 giorni prima Carlo Giuliani moriva negli scontri di Piazza Alimonda.

Non ricorda le migliaia di feriti.

Non ricorda una città a ferro e fuoco.

Non ricorda Bolzaneto.

Non ricorda la Diaz.

Era felice.

Come a molti anziani, anche a Silvio Berlusconi la memoria gioca brutti scherzi.

Ti ricordi George che bel sole che c’era a Genova quel luglio ?

Maledetto sia Adamo

Negli Stati Uniti e’ uscita una piccola ricerca che raccoglie i dati sugli omici-suicidi (esempio eclatante la strage alla Virginia Tech).

Il dato che colpisce anche l’occhio piu’ distratto, è che nei mille e piu’ casi all’anno di omicidio-suicidio il colpevole è, per il 95% delle volte , un uomo.

Non si puo’ lasciarvi soli un minuto

<%image(times india.jpg|800|600|berlusconi times of india)%>Uno sta fuori un po’.

Fuori anche dal circuito mediatico solito e consueto.

Sulla via di casa si mette a leggere il “The Times of India”, che non e’ proprio il New York Times.

E comunque si trova davanti una paginetta e un titolo come quelli in foto e pensa che a le cose non devono essere migliorate.

Poi arrivi e scopri che Zoro e’ andato a Matrix e Schifani e’ diventato presidente del Senato.

Non era meglio il contrario ?

Riportando le migliori cose a casa

<%image(tibet tenda.JPG|705|529|tibet tenda)%>Kathmandu cerca di levarsi di dosso un po’ di polvere con questo temporale di maggio. E’ notte. Piove e un po’ sembra di stare dentro Blade Runner.

Sono giorni intensi gli ultimi prima di lasciare per la seconda volta il Nepal.

Sulla salita dello stupa di Swayambhunath da fine marzo c’e’ la grande tenda dei tibetani in protesta.

Protesta silenziosa e ritmata dalle preghiere. Giovani e anziani. Rughe e cellulari. Anche 10 minuti qui con loro hanno senso.

A Boudhanath, all’estrema periferia di Kathmandu, tra strade che non hanno nome, ma solo sassi e polvere, c’e’ invece la Buddhist Child Home.

E’ una piccola struttura che ospita oggi 55 bambini orfani, raccolti per strada, portati dalla polizia, dagli ospedali, da madri in difficolta’. Da 16 anni opera (in gran parte grazie a donazioni private) per salvare queste piccole vite puntando tutto sull’educazione.

Un tetto, un pranzo, una cena, ma sopratutto libri, musica e le migliori scuole.

<%image(buddhist child home.JPG|682|512|buddhist child home)%>Arrivare qui vuol dire essere investiti da un ciclone di entusiasmo sotto i 50 cm. Vuol dire essere trascinati nella piu’ innocente e pura delle felicita’. Vuol dire ridere e pensare.

Fuori sul muro c’e’ una frase del premio nobel Gabriela Mistral:

We are guilty of many errors and many faults but our worst crime is abandoning the children, neglecting the fountain of life. Many of the things we need can wait. The child cannot. Right now is the time his bones are being formed, his blood is being made, and his senses are being developed. To him we cannot answer ‘Tomorrow.’ His name is ‘Today.

La piramide italiana in Himalaya

Poco sopra Lobuche, infilato in una piccola conca, c’e’ un piccolo gioiello italiano, ovvero la piramide del CNR per la ricerca scientifica ad alta quota.

Qui scienziati di tutto il mondo fanno la fila per poter fare, a turni di 6, ricerche in questo ambiente tutto particolare.

Come responsanbile tecnico della struttura c’e’ Gian Pietro Verza, uno da conoscere.

E’ li’ sul piazzale con un paio di radio in mano e un telefono satellitare.

Sta coordinando con Agostino da Polenza la missione italiana “Share Everest” che a fine maggio cerchera’ di portare’ sull’Everest una piccola stazione meteo.

Certe volte si e’ orgogliosi di essere italiani.

Ciubecca a Lobuche

Lobuche son quattro case di sasso buttate in mezzo alla polvere, li’ dove il grande ghiacciao del Khumbu si curva ad est.

Dentro al piccolo lodge, in pochi metri quadri, le lingue si sprecano e le razze si confondono. Gli indiani benestanti, le guide nepali cotte, gli italiani caciaroni, gli occidentali freak, i coreani imperturbabili. E tanto altro.

Quando dalla porta entra, quasi chinandosi a terra, il tedesco lungo lungo e dal capello sparpagliato e dalla barba incolta, a tutti pare entrato Ciubecca in persona.

E la scena da interporto di Guerre Stellari e’ quindi completa.

Respiri piano per non far rumore

Sopra i 4.000 metri abbondanti dormire diventa sempre piu’ complicato. Tutto diventa sempre piu’ complicato. Anche cose semplici come respirare.

Le apnee notturne sono una esperienza brusca e perfino poco raccomandabile.

6 respiri e poi non arriva il settimo. Chissa’ perche’.

Noi mammiferi pallidi e coccolati dobbiamo arrenderci all’evidenza, non siamo fatti per vivere troppo a conttatto con il cielo.

Possiamo solo assaaggiarlo un po’.

Loro la torcia, noi la bandiera

<%image(DSC_0353.JPG|518|774|torcia everest tibet)%>Il Renjo La e’ uno straordinario balcone sul tetto del mondo. Dai suoi 5.400 e passa metri poi guardare dritto negli occhi gran parte dei colossi himalayani.

Mentre i cinesi si dannano l’anima per portare la torcia olimpica su un simbolo come l’Everest, noi portiamo quassu un altro piccolo simbolo. Tutto nostro e molto sentito.

Lo trovate nelle foto.

<%image(DSC_0361.JPG|851|570|torcia everest bandiera pace)%>Per chi non fosse pratico di profili himalyani, quello li’ dietro alle bandiere e’ l’Everest o come lo chiamano i tibetani, il Chomolangma

Nangpa La

Piu’ si sale piu’ si capisce, meglio si intuisce, la potenza della natura, quasi la prepotenza su tutto il resto. Ovvero su di noi piccoli mammiferi.

Ci si sente piccoli rispetto al tutto. E ci si sente poco eterni.

La valle di Thame mentre perde i suoi pochi gruppetti di case diventa piu’ che selvaggia.

Lassu’, che ancora non si intravede, il passo del Nangpa La.

E’ un po’ anche per lui che sono qui.

Studiato sulle cartine, guardato nelle poche foto.

Il Nangpa La per secoli e’ stato “l’autostrada” degli sherpa.

Via di commercio tra l’altopiano tibetano e il Nepal, riservata in esclusiva al popolo sherpa dai sovrani nepalesi.

Dal 1959 il governo cinese ha chiuso il transito a tutti. Solo poche caravane di yak attraversano il passo con la stagione buona.

Dal 1959 questo passo di ghiaccio e rocce a 5.700 metri e’ diventato la via principale di fuga dei profughi tibetani che, via Nepal, cercano di raggiungere il Dalai Lama in India.

Uomini, donne, ragazzi e anche bambini. Intere famiglie. Rischiano un viaggio incredibile con scar[ette da ginnastica e qualche maglione. Chi non muore di freddo o dentro un crepaccio, chi non rimane accecato dal riverbero del ghiacciaio il piu’ delle volte incappa nelle sempre piu’ frequenti pattuglie cinesi.

Nell’ ottobre del 2006 alcuni alpinisti occidentali fermi al campo base del Cho Oyu hanno ripreso quella che si puo’ definire una vera e propria esecuzione di alcuni esuli tibetani da parte di soldati cinesi.

Le autorita’ di Pechino hanno definito l’episodio come “incidente”.

Giudicate voi.

Impianto di riscaldamento

La vecchia signora e’ piccola. Quasi minuscola.

Nella cesta sulle spalle non c’e’ ancora molto. Ma si china spesso e presto il doko si riempira’.

E’ un carico prezioso per certe altezze. E’ un carico che permette di scaldare le sere piu’ fredde dell’Himalaya.

Sopra i quattromila metri non ci sono piu’ alberi e per riscaldarsi si usa merda di yak dentro la stufa.

Si avete capito bene: riscaldamento a merda.

Poco elegante ma efficace.

Ve lo posso assicurare.