Da Vicenza ?

<%image(prodi bis base per ripartire.jpg|775|548|Prodi base per ripartire)%>Ora io non so se magari è il titolista del Corriere che ha una vena ironica innata (vedere foto a fianco) o semplicemente è Massimo D’Alema che ci piglia per il culo a tutti quanti, ma la frase “ora c’è una base per ripartire” in merito alla crisi del governo Prodi, sembra presa pari pari da un copione del Bagaglino di Pippo Franco.

Amarcord Windows 95

Ieri ho visto Windows Vista chiedere di riavviare il computer dopo l’installazione di un nonsoquale programma. Per un attimo ho rivissuto l’incosciente spensieratezza dei miei vent’anni.

Ridatemi Ciao

<%image(logo italia lungo.jpg|170|58|italia.it logo)%>I gusti, come si sa, sono gusti.

Il logo per il nuovo portalone turistico Italia.it l’ha fatto l’agenzia Landor. La procedura di selezione è stata minuziosa e complessa. Il marchio ha attenuto il via libera anche da un comitato di esperti. Pare sia piaciuto moltissimo a Laura Biagiotti, ad Andrea Pininfarina e Umberto Paolucci (Microsoft).

All’interno della conferenza stampa anche la presentazione in powerpoint del responsabile di Landor (dal minuto 13 circa).

Ci tengono a far sapere che “non hanno voluto evidenziare i soliti stereotipi positivi dell’Italia” quindi nell’ordine :

– hanno cercato di combinare la classicità con il futuro
– il puntino rosso sulla “i” rappresenta la passione italiana
– la “t” ricorda che siamo il paese del design
– il verde completa il tricolore, ma le ricerche ci dicono anche che gli viene riconosciuto un valore naturalistico

Comunque tranquilli, degli spaghetti e del mandolino nessuna traccia.

Secondo Landor il vero fulcro dell’idea, la scintilla creatrice, quello da cui tutto è partito è “it” come pronome inglese. Il brainstorming in agenzia deve essere andato più o meno così:

Creativo AIT in inglese è il comunissimo pronome neutro no ?

Creativo Bidea ! allora perchè non abbinarlo ai vari verbi : loveIT, tasteIT ect.

Creativo Auhaooo che figata ! scrivi scrivi che poi ci dimentichiamo..

Quante ore abbiano fatturato per una simile tempesta di cervelli è difficile dirlo, ma a occhio e croce per inventarsi, chessò un url come “del.icio.us”, c’avrebbero messo un paio di anni e 13 kg di post-it.

In conclusione, i gusti saranno gusti, ma a questo punto ridatemi Ciao .

Io e Camillo

<%image(Io e Ruini.jpg|780|575|io e camillo ruini)%>E’ cominciata molti anni fa la storia tra me e Camillo.

All’inizio c’avevo i capelli a scodella e la faccia un po’ meno da pirla. Il cappotto era quello buono (come da foto a fianco cliccabile) , la scala mobile non c’era più ma in compenso Luis Miguel andava alla grande.

Quel giorno fu per pochi attimi. Il tempo di una strofinata d’olio santo. Non ricordo a cosa pensavo sul momento. Quasi certamente ad una stronzata o alla ragazzina del terzo banco a sinistra.

Di certo non pensavo che di lì a qualche anno avrei incrociato di nuovo i geni di Camillo. In Emilia non tira aria di metropoli e di gradi, alla “teoria della separazione“, da queste parti gliene basta uno. Due a stare larghi.

Capitò così che i miei vaneggiamenti durante le interrogazioni di italiano e a latino al liceo fossero affidati, per qualche anno, alla santa pazienza di una Ruini, sorella del più noto.

Lui ormai era lontano. Volato a Roma per una carriera in ascesa.

Gli anni intanto passavano e di Camillo mi arrivavano solo notizie di terza mano.

Poteva andare a finire come va a finire certe volte con quei vecchi compagni di scuola persi di vista: se va bene ti dicono “ha aperto un casinò in Venezuela“, se va male ti sussurrano “non sai ? è crepato 2 anni fa“.

Ma Camillo non è uno da aprire casinò in Venezuela, nè da lasciarci le penne in silenzio.

E così il vicario pontificio della diocesi di Roma e Presidente della Conferenza Episcopale Italiana rientrò nella mia vita.

A modo suo.Con Camillo cominciammo a sentirci sempre più spesso e parlavamo di tutto. In verità più che altro parlava lui. Anzi, parlava solo lui. Cellule staminali, fecondazione assistita, referendum, quorum da mancare, pacs, dico, come nascere, come morire.

Ed è stato forse quel giorno lì, quando si è parlato di morte, che io e Camillo ci siamo persi. E’ stato quel giorno li, davanti alla bara di Piergiorgio Welby in piazza, fuori dalla chiesa. In quel momento, se avessi avuto ancora i capelli a scodella e il cappotto buono forse gli avrei detto di andare dritto a quel paese.

Oggi Camillo non lo sento più. Parla, ma è come se avessi eliminato la frequenza giusta.

Pazienza.

Del resto anche Luis Miguel non lo ascolto più da vent’anni. E in fondo non è andata poi così male.

Il subconscio ai tempi del tg

Le parole ti possono imprigionare più delle sbarre e le immagini inchiodare più di una croce.

Scendo i pochi gradini della scala a faccia in su, mi rivolto in tempo per incrociare il viso di chi sale. E in quella frazione di secondo ho pensato: Unabomber.

Non ho pensato : l’ingegner Elvo Zornitta .

No. Ho pensato maledettamente : Unabomber.

Il mio subconscio più veloce della mia coscienza.

E mi sono fatto tristezza da solo.

Come dev’essere la vita di uno che, una domenica qualunque, porta a spasso moglie e figlia e che (innocente fino a prova contraria) deve sostenere silenziose condanne e altrettanto silenzione assoluzioni, proprio non lo so.

Di certo non semplice.

S. Gimignano

<%image(san gimignano.jpg|450|600|san gimignano)%>

Piacere, sono italia.it. Forse

Pare che la settimana prossima al BIT di Milano (borsa internazionale del turismo) il Ministro Rutelli presenterà il portalone turistico italia.it.

Sarebbe meglio dire che ripresenterà italia.it, visto che abbiamo già dato, meno di un anno fa, con Lucio Stanca.

Comunque alla presentazione numero 3 facciamoci un pensierino, perchè pare che anche a questo giro italia.it non andrà online.

No Martini

Capita qualche volta di guardare le cose e di non vederle.

Ecco iera sera a Firenze, lì sotto il duomo a naso in su, mi è capitato di vedere bene, per la prima volta, lo spottone luminos-fluorescente del Martini che staziona sopra Borgo San Lorenzo.

E allora mi domandavo se sono definitivamente rincitrullito io a pensare che quel coso lì è “mediamente orrendo” (tra l’altro vicino ad un’opera d’arte) o se è il mio gusto pop che fatica a tenere il passo. Chissa.

Mi-do-mi , Ma-va-fa..

Bisognerebbe chiuderlo per attentato alla musica questa cosa qui che si chiama Midomi.

Si lo so, forse è un giudizio un po’ tranchant (se sapessi come si scrive).

Sì lo so, forse è un atteggiamento snob, neanche fossi al supermercato con Matteo Bordone (e così ho trovato anch’io la maniera di piazzare un link alla faccenda del momento).

Sì lo so, non ve ne frega niente, ma fa lo stesso.

Bisognerebbe chiuderlo nel senso che con la scusa del “com’è che si chiama questa canzone ? no problema c’è il web 2.0” vien formandosi una vasta comunità (fiiuu stavo scrivendo community) di killer seriali di canzoni pop, che neanche ai tempi del Karaoke di Fiorello.

Aspiranti castrocari, coveristi impuniti, gorgheggiatori di strofe altrui. Tutti insieme appassionatamente.

Sì lo so, ho detto che bisognerebbe chiuderlo. Due righe fa. Ma me ne pento subito.

In fondo dove avrei potuto scoprire, se non ci fosse Midomi, un tal genio musicale, forse incompreso ?

PS : Segnalo fra tutte le inarrivabili : 883 – Eccoti e Vasco Rossi – Siamo Soli

Le ricerche su Google di Francesco Rutelli

Tutti ormai usano Google. Pure loro.

Oggi una manina mi ha allungato le Francesco Rutelli searches:

Dico opinione cardinal Ruini
computer funzione copia incolla
foto hard Bindi Pollastrini
come intasare casella posta Barbara Palombelli tg5
numero telefono estetista Berlusconi
numero telefono Veronica Lario
rutelli radicali chi se lo ricorda
cimitero monumentale lista defunti
modulo iscrizione online Margherita
dov’è Vicenza

trattasi di lista aperta

Stupa blue girl

<%image(stupa girl.jpg|450|600|stupa girl kathmandu nepal)%>

Cosa mi sono perso

Ero via, però se ho capito bene:

Veronica ha scritto a Silvio, e Silvio ha scritto a Veronica con tante scuse. Intanto, molti hanno scritto molto sui due che si scrivono. A parte quelli di Mediaset che di solito scrivono parecchio ma stavolta, chissà perchè, non hanno scritto.

Pochi hanno scritto invece che Ustica non ha colpevoli e nessuno a scrivere due righe di scuse ai familiari che in 26 anni per avere giustizia avranno scritto a tutti, ma nessuno gli ha mai risposto.

Hanno scritto che ad Erba erano stati i marrocchini, ma poi gli è toccato riscrivere che erano solo i vicini.

Nel frattempo gli ambasciatori scrivono lettere aperte e Windows programmi chiusi.

Molti hanno scritto che il calcio così com’è, è morto. Qualcuno fra un po’ scriverà che: “abbiamo scherzato”.

In conclusione, Camillo Ruini continua a scrivere tantissimo ma nessuno ha ancora scritto una legge sui Pacs.

In fondo, per veder scritte certe cose uno deve contare di star via almeno dieci anni.

Goodbye Nepal

Viaggiare vuol dire essere infedeli.

Non puoi innamorarti di un luogo perchè presto dovrai partire.

Viaggiare vuol dire magari vedere una cosa nascere, ma non crescere.

Viaggiare è scoprire e scoprirsi, incontrare e sorprendersi.

Viaggiare è anche tornare a casa, per poi un giorno ripartire.

E se le cose andranno per il verso giusto questo è solo un arrivederci.

In un orizzonte neanche troppo lontano c’è un’idea. Quell’idea si chiama Tibet 2008 e di qui si ripasserà.

Namasteee Nepal

(e adesso un piatto di lasagne non me lo leva nessuno)

Prima di tornare

Elenco minimo e pratico d’esperienza diretta per chi eventualmente vorrà tenerne conto capitando da queste parti:

– La Potala Guest House a Kathmandu è un posto pulito ed economico. E’ all’ingresso di Thamel (quartiere Chhetrapati). In bassa stagione, come adesso, si spendono 5 euro per pernottamento e prima colazione. La doccia è calda (quasi sempre). Comunque l’offerta di hotel a Kathmandu è sterminata.

– Per un pranzo o una cena di quelli abbondanti (bevande comprese) non spenderete più di 4 euro. Cinque-sei se vi garba l’indigestione. L’assortimento di ristoranti è anche superiore a quello degli hotel. Andate a mangiare ad un’ora decente che qui alle dieci e mezza vien sonno a tutti. Se apprezzate la carne un buon posto testato è l’Everest Steak House (zona Thamel- Chhetrapati).

– portatevi pochissima roba. Con 40 euro e trattando moderatamente vi potete portare a casa : scarpe adidas, giacca-pile misto-etnico, piumino mezze maniche marcato “The North Face” (marcato da loro). Se fate trekking noleggiano per cifre irrisorie anche scarponi e sacchi a pelo, ma è un rischio che non vi consiglio. Per il gentil sesso (ahi voi) la scelta tra vestiti, gioielli e artigianato vario è vasta, direi vastissima .

– anche se non vi avventurerete in Himalaya, ma capitate qui solo per un giro turistico vi consiglio di cuore, di cuore e di cuore, di affidarvi alla cortesia, alla serietà, alla simpatia di Ngima Sherpa e della sua famiglia allargata. Non ve ne pentirete. Se vi servono i suoi contatti chiedete pure.

Kathmandu in zona cesarini

<%image(bodhnath stupa.jpg|800|600|boudha bodhnath stupa kathmandu)%>In certi giorni e a certe ore, intorno al grande stupa di Boudha il vortice di grandi e piccoli, monaci e donne, alti e bassi, facce cotte e visi candidi, è un enorme ma tranquillo fiume in piena. Un fiume che scorre, come vuole la tradizione, sempre e rigosamente in senso orario.

Girano incessamente i rotoli di preghiere e attorno al più grande luogo sacro buddista del Nepal si è raccolta la comunità tibetana in esilio. Gente con grande spiritualità e un buon senso degli affari.

Ngima ci fa da scorta per guidarci in queste ultime ore a Kathamandu alla ricerca di quelle piccole cose da riportare a casa. I negozietti giusti, i consigli giusti, il the buono.

Non cercate nomi delle vie a Kathmandu. Le strade avranno un loro nome,certo, ma lo conoscono solo loro che ci vivono dentro. Le conosce magari Dabel che ha suppergiù 9 anni, una faccia furbissima, un italiano sorprendente (e l’inglese e lo spagnolo e il francese) e una testardaggine che va premiata con l’acquisto. Se un giorno mai vi capiterà di incontrarlo in mezzo al mercato popolato di cose impensabili e bellissime in questa città un poco incredibile, alzate bandiera bianca e arrendetevi. E’ dieci volte più sgaggio di voi.

L’ultima sorpresa di Ngima è il grande tempio dietro lo stupa. Ci tiene a portarci qui, che è anche un po’ casa sua. E’ tutto chiuso, ma basta l’aiuto e la pazienza dell’anziano lama in pantafole, custode delle chiavi e di questo luogo speciale.

<%image(vecchio lama kathmandu.jpg|450|600|lama boudha kathmandu bodhnath)%>I templi buddisti hanno quel gusto colorato e leggermente kitsch che, se ti han tirato su – chessò – a dosi massicci di alto romanico, cinque secondi cinque di smarrimento te lo lasciano addosso. Ma è un attimo solo.

C’è un gran silenzio, i materassini dei monaci in ordine per terra, i muri tutti dipinti, le grandi statue del buddha, le piccole offerte e la sedia vuota sempre pronta per il Dalai Lama. Non devi neanche chiudere gli occhi per immaginare la piccola magia dei suoni e colori di questo luogo durante le meditazioni dei monaci.

E anche se sei un mezzo-agnostico-cattolico-un-filo-miscredente come il sottoscritto, quel posto e quel momento qui te li ricorderai.

Tutto in cenere a Pashupatinath

<%image(pashupatinath cremazioni.jpg|800|536|pashupatinath kathmandu cremazioni)%>A Pashupatinath se sei a Kathmandu prima o poi ci finisci.

In giro un sacco di scimmie e qualche sadu impolverato (pseuso-santoni di strada) a disposizione di obbiettivo. Lo slalom tra i piccoli piazzisti di braccialetti e di balsamo di tigre non è nemmeno troppo impegnativo, nessuno insiste più del dovuto.

Ma non sei qui per le scimmie (a Kathmandu senza metterti d’impegno ne puoi ammirare anche di equilibriste a spasso sui fili della luce) e nemmeno per il balsamo di tigre.

Sei qui per un funerale. Di chi, non sai e non saprai.

Può essere il funerale di un ricco o molto probabilmente di un poveraccio. Può essere il funerale di un anziano o più probabilmente di uno che a casa vostra battezzereste come giovane, o al massimo di mezz’età, perchè in Nepal la vita media non si dilunga troppo in età pensionabile.

<%image(cremazione kathmandu.jpg|800|536|pashupatinath cremazione kathmandu)%>I brahmini in bianco, inginocchiati, stendono il latte e poi il riso, e poi ancora il latte e poi il riso. Sembrano disegnare un percorso, una strada. Per dove, chissà.

Tutto molto lento, tutto molto delicato. Poi si alzano e – zac – il sacchetto di plastica del riso e la bottiglia del latte finiscono nel fiume sacro, il Bagmati, che sarà anche sacro per gli indù ma trattato praticamnte da discarica. Tutto molto mistico e molto poco ecologico.

Poi è il turno del parente prescelto per ammucchiare con cura la legna per la pira.

Più in basso sono già avanti. Il fumo e l’odore forte si infilano un po’ dappertutto.

I ragazzini a mezzagamba nel Bagmati a setacciare la cenere (piccola caccia al tesoro), sono l’utima fase.

Ora tocca reincarnarsi e via con un altro giro di giostra.

La vita nel 2064

C’è l’ultima luce calda del pomeriggio che illumina la cucina e il tavolino blu, in un posto minuscolo chiamato Hile. Cucina di un altro tempo, con i piatti metallo in ordine perfetto sullo scaffale e un fuoco grosso nell’angolo.

Se non fosse che di là c’hanno un frigo LG nuovo di pacca questo potrebbe proprio non sembrare il 2064. Ah sì dimenticavo, il calendario qui è avanti di 57 anni.

Parla fitto e ride di gusto la signora dalla faccia rotonda e felice, parla e ride Ngima, e parla Dorsiij che forse sta tentando di fare il filo alla figlia della padrona di casa. Ma chi lo sa. In verità non ci capisco nulla, cerco d’afferrare qualcosa, ma le mie lezioni di nepali con Ngima sono ancora al “come stai? io tutto bene“.

M’accontento dei suoni e dei sorrisi che raccontano un mondo fuori dal tempo. Un mondo che forse era dei miei nonni, o dei nonni dei miei nonni.

Un mondo che ci si lascia alle spalle. Kathmandu aspetta.

Alba anche accompagnati

<%image(gharopani nepal.jpg|800|600|gharopani nepal)%>Le aquile ti volano intorno sul cucuzzolo di Banthanti. Chissà forse sentono la fatica dei tuoi continui saliscendi. Sì, perchè il concetto di sentiero a mezzacosta pare non esistere. Su di 500 metri, giù di 500 metri nel torrente, ponte tibetano, su di nuovo di 500 metri. Montagne russe a 3 km all’ora.

Ghorepani è una macchia blu. Per gli standard di qui è praticamente una metropoli. Farà forse 500 abitanti. C’è anche una piccola libreria e le bottiglie di coca sembran nuove di pacca. Libri pensati per utenza trekker. C’è anche Messner, forse anche in italiano. C’è la pista polivalente con i ragazzini che giocano a basket e pallavolo (mezzo sport nazionale). Ci si allena bene a 3.000 metri.

Prima d’arrivare ti si paran davanti l’Annapurna South, che da questa parte perde il suo aspetto da pandoro ricoperto di zucchero a velo e ritrova gli spigoli giusti, e il Dhaulagiri, la “montagna bianca”, un’altro componente della famiglia dei 14 ottomila del pianeta terra. C’è la lunga scalinata in pietra in mezzo alla foresta di rododendri. Dicono che in periodo di fioritura sia qualcosa da ricordare.

Ghorepani vive e prospera per essersi inventato il belvedere di Poon Hill, lì sopra di 300 metri. Punto privilegiato per godersi un’alba sul tetto del mondo.

<%image(alba poon hill nepal.jpg|800|600|poon hill nepal alba)%>Lo spettacolo merita di certo, ma credo che l’alba, qualsiasi alba, sia stata concepita, inventata e proiettata per essere sbirciata e gustata da un numero massimo di persone stimabile in 10 unità. Forse anche meno.

La sessantina di esseri viventi che ti ritrovi accanto qui ogni mattina (come minimo) fregano un po’ della poesia. Ma sarebbe un filo egoistico (o un’immensa botta di culo) ritrovarsi qua sopra contandosi sulla dita di una mano.

Quell’oceano di nuvole lì sotto comunque la sua poesia la manterebbe bene anche in compagnia di un reggimento di coreani.