Ho avuto qualche dubbio, per qualche attimo, per diversi motivi, ma alla fine sono andato a votare.
Nel frattempo sono tornato indietro per scoprire se vado ancora d’accordo con il me stesso di qualche anno fa: nel 2005 pensavo che chi invita ad “andare al mare” per sommare l’astensione cronica con quella intenzionale gioca la parte del biscazziere. Lo penso ancora.
Non che sia un bene in assoluto questa coerenza, che cambiare idea è una faccenda sacrosanta e salutare se non è figlia dell’opportunismo o della cialtroneria.
Cambiamo, cresciamo, invecchiamo e rimbecilliamo anche. E lo fa il resto del circo intorno a noi.
Dopo il voto di domenica ho letto e ascoltato molte riflessioni, tante invettive e innumerevoli sfoghi sulla scarsa partecipazione democratica e sull’inesistente senso civico degli italiani che preferiscono il pollo fritto dei centri commerciali alla cabina elettorale.
Un sentimento che è rimasto impresso sui tanti profili social, da Facebook a Twitter.
Questa intensa passione democratica si scontra però con i tanti esiti negativi dei referendum del passato, da quello sulla procreazione assistita del 2005 ai referendum seriali promossi dai Radicali.
Perché c’è stato un momento, a cavallo tra la fine degli anni novanta e l’inizio del nuovo millennio, in cui questo Paese malediva Marco Pannella e la sua deriva referendaria.
Lo faceva al bar perché i social non esistevano ancora e a lasciare impronte delle proprie opinioni digitali era una esigua minoranza di nerd o giù di lì.
Per certi versi è una fortuna: l’opinione espressa al bar ha un tasso di volatilità maggiore rispetto ad un tweet e non obbliga a conformarsi al proprio passato per obblighi di coerenza.
Quindi se fra dieci anni qualcuno riuscirà ancora a recuperare un proprio tweet o un aggiornamento di Facebook, eserciti il sacrosanto diritto ad avere libere opinioni rispetto al genio o al coglione che era.
Un diritto all’oblio da sé stessi.
Perché cambiamo, cresciamo, invecchiamo e rimbecilliamo anche. E lo fa il resto del circo intorno a noi
Non dimentichiamolo. O forse sì.