Il più grande furto di Parmigiano Reggiano della storia

Sono le sette di sera del 16 dicembre e quindi è tempo, come ogni anno, della mia personale “Poltrona per due”. Che quest’anno sono ottant’anni spaccati da quel giorno lì.

Bruno era del 21.

A 18 anni si era diplomato maestro ed aveva cominciato a frequentare l’università a Venezia: facoltà di pedagogia.

Non era una faccenda scontata. Bruno non veniva da una grande città. Era nato e cresciuto a Barco di Bibbiano ai piedi delle colline emiliane. Eh sì, per quelli che non sono pratici della zona e se lo chiedono, è quel Bibbiano lì.

Bruno non era nemmeno un “signorino”, ovvero il figlio prediletto di una famiglia agiata. Il papà era impiegato alle Reggiane, la mamma casalinga.

La guerra lo trovò studente e ne fece un allievo ufficiale.

L’8 settembre del 1943, con l’armistizio, mollò la divisa e tornò a casa.
Bruno sapeva già cosa fare.

Luigi Meneghello l’avrebbe forse messo nell’album dei “Piccoli Maestri”.
Bruno a Barco conosceva tutti e tutti si fidavano di lui.

Non ci volle molto prima che gli arrivasse la notizia, certa, che di lì a poco i tedeschi avrebbero trasferito tutto in Germania con la complicità di quelli della Repubblica di Salò.

Era il 15 dicembre del 1944.

In quell’inverno, il quinto di guerra, freddissimo e duro per tutti, dove la paura era sempre in agguato, la fame una presenza costante e la morte una faccenda da mettere nel conto, Bruno comunicò tutto a Sirio, il suo comandante.

In un giorno, un giorno solo, misero in piedi qualcosa di improbabile ed incredibile.
Un piccolo miracolo, nato non della fortuna, ma dal coraggio, dalla determinazione e dalla speranza.

Un’operazione di una notte, una notte sola, che coinvolse decine di partigiani sappisti, carri ed autocarri, e molti andirivieni nell’oscurità.

Il 16 dicembre del 1944, ottant’anni fa esatti, dalle 7 di sera alle 5 del mattino Bruno, assieme a Paride e a tanti altri, portò via dai magazzini Locatelli della sua Barco (e sotto il naso di repubblichini e nazisti) quasi 3.000 forme di Parmigiano Reggiano.

Non si riuscì a portarle via proprio tutte per colpa di un guasto ad un camion in uno dei 50 viaggi di quella notte.

Nell’azione nessuno rimase ferito.

Circa settecento forme furono trasferite in montagna, le altre divise e distribuite a migliaia di famiglie dei paesi vicini, a secondo delle necessità.

In quel gelido, difficile e tremendo inverno del 1944, alla vigilia del Natale, molti trovarono una bella sorpresa. Qualcuno anche sotto un albero.

Per giorni nei paesi tutt’intorno non si parlò d’altro, dandosi di gomito. Quella cosa lì oltre ad aver tolto un po’ di fame, aveva messo allegria.

Del resto, con tutta probabilità rimane d oggi il più grande “furto” di Parmigiano Reggiano della storia.

A Bruno quelli che erano stati fregati gliela giurarono: due mesi dopo perquisirono e saccheggiarono la casa di famiglia.

Scappò in montagna e continuò la lotta di Liberazione nella Brigata Garibaldi con il nuovo nome di battaglia di “Oscar” (prima era Oddone).

A differenza del suo vecchio amico e comandante Paride Allegri, diventato pacifista ed antimilitarista, Bruno continuò nella carriera militare fino al grado di generale.

Non deve essere stato semplice con le sue idee e il suo passato “garibaldino”.

Ma può essere che ai piccoli maestri piacciano decisamente le imprese complicate.